Stavo leggendo una rivista molto nota e accreditata (vedi link), quando mi sono imbattuta in un articolo choc in cui la scrittrice canadese, premio Nobel 2013 per la letteratura, è attualmente al centro di una vicenda a dir poco raccapricciante.
Il 7 luglio 2024, due mesi dopo la morte della signora del racconto breve contemporaneo la figlia più giovane, Andrea Sarah Skinner, trova il coraggio di parlare rivelando al Toronto Star che il patrigno, Gerald Fremlin, secondo marito della madre, aveva abusato sessualmente e continuativamente di lei fin da quando aveva nove anni.
La cosa grave è che la madre e tutti coloro che le stavano intorno, lo sapevano: dal padre biologico, alla matrigna, dal suo editore, al suo biografo. Tutti sapevano, eppure tacevano.
La bambina tentò di parlarne, ma Gerald minacciava ulteriori violenze e addirittura di ucciderla se avesse rivelato quell’odioso segreto. Con la moglie, invece, l’uomo ammetteva gli incontri con la figlia, ma spacciandosi per vittima. «Andrea è una Lolita» scrisse alla moglie paragonandosi al professor Humbert, il protagonista del celebre romanzo di Nabokov. «Che colpa ne ho io se quella puttanella mi provoca? Io sono solo vittima di tanta sottile, perversa seduzione».
Dopo mille tribolazioni, nel 2004 Andrea Sarah trova la forza di denunciare il patrigno. Lui, ormai vecchio, viene condannato a due anni di libertà vigilata. Ma la notizia non viene divulgata, la stampa non ne parla. Tutto rimane sotto silenzio. Fino al sette luglio scorso.
In una lettera alla figlia, Alice Munro scrive «È la cultura patriarcale che vuole che lasci mio marito… quello che è successo allora è una cosa tra te e lui».
Ho riportato questa vicenda perché è tutt’altro che isolata. Questa sta avendo clamore solo perché si tratta di un personaggio famoso e stimato. Ma ci sono milioni di bambine nel mondo che vengono quotidianamente molestate o violentate da un familiare, un amico, un parente, da chi dovrebbe proteggerle e invece passano sotto silenzio, nessuno ne parla, nessuno denuncia.
Le madri, succubi a loro volta di un uomo violento, autoritario o comunque dominante, spesso non capiscono la gravità della cosa e tacciono, anch’esse vittime di abusi e di una società malata, in cui la donna non ha valore, se non in funzione di un uomo.
«Che colpa ne ho io se quella puttanella mi provoca? Io sono solo vittima di tanta sottile, perversa seduzione».
Questo è il fulcro del patriarcato: la deresponsabilizzazione o spostamento dell’indice referenziale. Non è il colpevole ad avere colpa delle sue azioni, ma la vittima, in quanto provocatrice di istinti primordiali irrefrenabili.
Quante volte abbiamo sentito questa versione? Quante volte una donna, vittima di violenza, viene accusata di aver provocato il suo aggressore con uno sguardo, una minigonna, una parola oppure di aver abbassato la guardia, come se fosse sempre sotto attacco e toccasse a lei rimanere in trincea?
Questo è il cuore del patriarcato: secondo questa visione distorta di virilità tossica, l’uomo è pervaso da istinti incontrollabili, perciò è compito della donna non stuzzicarli, altrimenti ne pagherà le conseguenze.
Ne deriva che, mentre le bambine sono avviate al matrimonio, alla cura della casa e dei figli, ad accogliere la maternità come un obbligo naturale, a trattenere la rabbia, a stare al proprio posto, moderare le reazioni, assumere atteggiamenti educati e gentili, assecondare i desideri dell’uomo, se non addirittura sottostare alla sua volontà, i ragazzi, fin da piccoli, invece di venir indotti a controllare le proprie pulsioni, li si lascia liberi di esternarle o addirittura li si incoraggia ad esibirle come una sorta di trofeo di virilità. Troppi padri, ancora oggi, vanno fieri delle conquiste dei loro figli. Ogni lasciata è persa!, Sventrale tutte!, Fatti onore!, Attento all’alzabandiera! sono solo alcune frasi ancora molto in voga nella popolazione maschile.
Questo di Alice Munro non è che l’ennesimo episodio di abusi e di violenze, in questo caso su minori, ma anche su donne e ragazze in ogni parte del mondo.
E non sono casi isolati e mostruosi. Questi non sono mostri, sono uomini normali, sono i nostri vicini, i nostri dirimpettai: il meccanico, l’impiegato di banca, l’operaio, l’artigiano, il cameriere, il buon padre di famiglia, lo stimato professionista, il caro professore, l’avvocato, il rettore il giudice, il commercialista… In molte famiglie perbene, apparentemente tranquille, serene, dove tutto sembra a posto, si nascondono casi aberranti e nessuno ne parla, tutti tacciono, nessuno denuncia.
Finché non prenderemo atto di questa realtà, non riusciremo a liberarci dal giogo della violenza. La pedofilia è una delle forme più aberranti delle perversioni umane alimentate dalla mentalità tossica patriarcale. Ma la violenza non si manifesta solo in questo modo: è solo una delle sue forme, ma ce ne sono molte altre, a volte più sottili, altre più atroci.
L’origine, il fil rouge che le accomuna, è sempre lo stesso: la famiglia.
Chi lo desidera, può approfondire ai link sottoelencati da cui ho preso ispirazione per questo articolo.
https://lavocedinewyork.com/tag/andrea-skinner
https://www.vanityfair.com/style/story/alice-munro-daughter-andrea-skinner-stepfather-sexual-abuse https://reader.paperlit.com/read/prj_5b5af68d747e2/pub_5b5af68d8ee08/5001-03-17?token=eyJ0eXAiOiJKV1QiLCJhbGciOiJIUzI1NiJ9.eyJwcm9qZWN0SWQiOiJwcmpfNWI1YWY2OGQ3NDdlMiIsInByb2plY3RQZXJtaXNzaW9uc0JpdG1hc2siOjF9.QaZ40CBokH-JvbOsVG75K9vZEy8gCv0f3KUVPcdnBaw&hasNewsstand=true&variantId=199716&page=38-39