Miti, leggende, stereotipi, pregiudizi su un’attività che sta cambiando il mondo dell’editoria.
Riprendo l’argomento trattato in questo articolo.
Il problema della scarsa considerazione del self-publishing, rispetto all’editoria tradizionale, è un fenomeno complesso che riflette pregiudizi radicati e meccanismi culturali e commerciali profondi.
Dietro questa percezione distorta ci sono diverse motivazioni. Proverò a prendere in considerazione le più importanti. Chi vuole, può ascoltare cosa ne pensa, Chiara Beretta Mazzotta, una voce più autorevole della mia, in questo suo post.
Assenza di filtro “garantito”
Le case editrici tradizionali vengono percepite come “guardiani della qualità“. In teoria, il processo di selezione editoriale garantisce che i libri pubblicati abbiano un livello minimo di qualità, in termini di scrittura, contenuto e cura editoriale. Quando un’opera è autopubblicata, manca questo filtro e molti lettori assumono che il libro potrebbe non essere stato sottoposto a una revisione rigorosa.
Tuttavia, questo non significa che ogni libro pubblicato da una CE sia di qualità. Spesso autori con scarso o nessun talento letterario vengono comunque pubblicati, perché hanno un nome noto o una piattaforma di visibilità che promette vendite elevate.
Questi meccanismi editoriali, legati a doppio filo con gli interessi commerciali e poco noti o poco considerati dai lettori, incidono profondamente sulla qualità delle pubblicazioni. Ciononostante, il “marchio” della CE dà un’impressione di legittimità che viene percepita, a prescindere, come garanzia di qualità.
Stereotipi e pregiudizi
Il self-publishing porta con sé uno stigma culturale: molti lo associano all’idea di un autore che non è “abbastanza bravo” da essere accettato da una CE tradizionale. In realtà, l’autopubblicazione è spesso una scelta consapevole, che consente maggiore libertà creativa e controllo economico. Senza contare che gli autori che pubblicano con CE, nonostante l’impegno profuso per scrivere un buon libro, hanno guadagni molto risicati.
Eppure, scrivere un buon libro è un’attività faticosa che andrebbe riconosciuta, così come viene riconosciuto l’impegno di un qualsiasi altro buon professionista.
I lettori molto spesso non conoscono questi aspetti pratici o danno per scontato che gli autori possano scrivere anche senza percepire grandi somme. Anzi, non di rado i grossi guadagni vengono interpretati come una prova della scarsa qualità dei libri pubblicati, come accade per quelli di certi personaggi famosi, che nulla hanno a che fare con la letteratura, ma che fanno faville in tema di vendite.
Qualità variabile nel self-publishing
Una delle grandi sfide del self-publishing è che la qualità dei libri è estremamente variabile. Alcuni autori/autrici autopubblicati investono risorse significative in editing professionale, design della copertina e marketing, producendo opere di alta qualità. Altri, invece, pubblicano lavori che non hanno subito alcun tipo di revisione, contribuendo a rafforzare l’idea che il self-publishing equivalga a una produzione amatoriale.
Potere del marketing e dell’immagine
Le CE tradizionali dispongono di risorse e competenze per promuovere i libri, creare una narrativa attorno agli autori (storytelling) e collocarli in un Mercato che li percepisce come prodotti “prestigiosi“. Questo dà ai lettori un senso di fiducia. Gli autori self-publishing, al contrario, spesso non hanno accesso agli stessi canali promozionali, non hanno le stesse risorse e si affidano al passaparola, al marketing diretto che possono sembrare meno “autorevoli“.
Ma, onestamente, cosa c’è di autorevole in una CE che investe un mucchio di quattrini in un marketing aggressivo su un calciatore o un personaggio televisivo che scrive una raccolta di barzellette o un diario di memorie più o meno adolescenziali?
Consapevolezza del pubblico
Molti lettori non sono consapevoli delle logiche commerciali dell’editoria tradizionale, né riflettono sul fatto che anche i grandi editori pubblicano libri di qualità discutibile per motivi di Mercato. Questo fenomeno è evidente con i libri di celebrity o influencer, che vengono pubblicati perché garantiscono vendite, a prescindere dal valore letterario.
In conclusione, il problema non è tanto intrinseco al self-publishing, quanto alla percezione sociale e alla mancanza di consapevolezza su come funziona davvero il mondo editoriale. Cambiare questa mentalità richiede tempo, ma gli autori self-publishing che producono opere di qualità e i lettori attenti possono fare la differenza.