In un altro articolo ho parlato di alcune autrici straniere che hanno dovuto ricorrere a pseudonimi maschili per poter pubblicare i loro libri o per vedere riconosciuto il loro talento.
È accaduto anche in Italia: alcune scrittrici, infatti, hanno dovuto utilizzare diversi pseudonimi per essere apprezzate e aggirare i pregiudizi di genere oppure per proteggere la propria identità. Come le colleghe internazionali, hanno dovuto affrontare ostacoli e barriere culturali e sociali per vedere le proprie opere pubblicate ed essere considerate al pari dei colleghi maschi.
Tuttavia, in Italia l’uso di pseudonimi maschili è stato meno comune rispetto ad altri Paesi, probabilmente a causa di una cultura letteraria più orientata verso pseudonimi nobiliari o neutri per le donne.
In generale, le autrici italiane tendevano a usare pseudonimi nobiliari o nomi ambigui, piuttosto che pseudonimi maschili veri e propri. Questo contrasta con le tradizioni anglosassoni e francesi, dove le scrittrici si trovarono più spesso costrette a usare nomi maschili per essere prese sul serio.
Queste scrittrici italiane sono riuscite a raccontare storie di vita, società e condizione femminile in un’epoca in cui scrivere era considerato un’attività maschile e soprattutto risentivano del pregiudizio secondo cui le opere di autrici donne fossero di valore inferiore o poco degne di considerazione.
Ma è proprio grazie al loro talento e alla loro determinazione, che riuscirono a lasciare un segno importante nella letteratura italiana, che fu influenzata positivamente dalla loro tenacia e risolutezza.
Che dite? Vogliamo vedere chi sono queste donne coraggiose?
Eccone alcune, in una rapida carrellata.
1. Anna Radius Zuccari
Pseudonimo: Neera
Opere principali: L’indomani (1877), Teresa (1886), Le idee di una donna (1899).
Anna Radius Zuccari scelse il nome di Neera, che suonava ambiguo, per proteggere la propria identità in una società che considerava la scrittura come una vocazione maschile. Nei suoi romanzi affrontò temi legati alla condizione femminile, all’oppressione e alle difficoltà emotive delle donne del tempo.
2. Grazia Deledda
Opere principali: Elias Portolu (1900), Cenere (1904), Canne al vento (1913).
Anche se generalmente firmò col suo vero nome, occasionalmente l’autrice usò uno pseudonimo maschile in riviste minori. Inoltre, inizialmente pubblicò alcuni racconti con pseudonimi ambigui o maschili per evitare le critiche dell’ambiente sardo in cui viveva, ancora molto patriarcale. Fu la prima donna italiana a vincere il Premio Nobel per la letteratura nel 1926, un riconoscimento importante per il ruolo di tutte le scrittrici.
3. Maria Antonietta Torriani
Pseudonimo: Marchesa Colombi
Opere principali: In risaia (1878), Un matrimonio in provincia (1885).
Maria Antonietta Torriani scelse un titolo nobiliare fittizio per aggiungere un certo fascino e mistero al suo nome, cercando anche di sfuggire ai limiti posti dalla società alle donne scrittrici. Nei suoi libri esplorò temi sociali e culturali che riguardavano le donne, il matrimonio e le condizioni di vita femminili.
4. Rina Faccio
Pseudonimo: Sibilla Aleramo
Opera principale: Una donna (1906).
Anche se Sibilla Aleramo non è uno pseudonimo maschile, Rina Faccio scelse comunque un nome d’arte per distanziarsi dalla sua identità familiare e da un ambiente che l’avrebbe ostacolata come scrittrice. Una donna è un romanzo autobiografico in cui racconta la sua vita, le lotte personali e la ricerca di emancipazione femminile.
5. Maria Majocchi Plattis
Pseudonimo: Jolanda
Opere principali: La principessa lontana (1885), Nella nebbia (1891).
Attiva nel panorama della letteratura popolare e delle riviste femminili, l’autrice usò il nome di un personaggio dell’opera Una partita a scacchi di Giuseppe Giacosa per rivolgersi a un pubblico che apprezzava i romanzi d’evasione e d’avventura. Il suo pseudonimo evitava di svelare subito la sua identità, cercando di neutralizzare pregiudizi.
6. Luisa Amalia Paladini
Pseudonimo L. A. d’Alessandro
La Paladini, educatrice e scrittrice dell’Ottocento, firmava i suoi lavori con uno pseudonimo che rendeva incerta l’identità di genere. Era attiva come autrice di testi educativi e giornalista.
7. Virginia Tedeschi-Treves
Pseudonimo Cordelia
Opere principali: Il libro per tutti (1886), vari racconti per riviste popolari.
Lo pseudonimo scelto dall’autrice poteva sembrare maschile o neutro all’epoca. Sebbene non fosse strettamente maschile, le dava maggiore libertà di espressione, specialmente nelle riviste femminili e popolari.
8. Enrichetta Caracciolo
A volte pubblicava come E. Caracciolo
Opera principale: Misteri del chiostro napoletano (1864).
In un’opera che critica aspramente la vita conventuale, l’autrice scelse di firmarsi con un’iniziale per evitare l’identificazione diretta in un ambiente patriarcale e religioso particolarmente opprimente.